Estero

Come il North Face è diventato il giubbotto del rap

Benché questo brand abbia visto le proprie origini a New York City, oggi è diffuso anche oltreoceano e ha ampiamente differenziato la propria produzione. Ma come si è arrivati al punto in cui anche in Italia ogni ragazzo vuole indossare un North Face per emulare i suoi rapper preferiti?

Articolo di
Federico Arriu
on
26
-
07
-
2019

Coco Chanel, icona di stile intramontabile e fondatrice dell’omonima maison, era solita affermare che “una moda che non raggiunge le strade non è moda”. Con queste parole la celeberrima stilista voleva chiarire che la passione per la raffinatezza – quella del sommelier per il vino di buona annata o quella del bibliomane per l’editio princeps di una rara opera letteraria – nel caso della moda diviene propria non solo di un’élite abbiente e facoltosa, ma anche dello strato più basso del volgo.

L’etimologia stessa del termine “moda” rimanda ad un vocabolo latino (modus) che indica sia la “regola” sia l’unità di misura: è – in sostanza – la “maniera“, l’uso dei più che assurge al ruolo di metro di paragone sul piano estetico. Sebbene dunque la moda sia connotata – in settori come l’haute couture – dall’esuberante ricerca del lusso, è necessario ricordare che essa nasce come fenomeno umano e dunque anche popolare. Questo è il caso dello streetswear e in particolare di The North Face, che negli anni è divenuto una sorta di divisa ufficiosa del rap e dei suoi ascoltatori.

North Face è culto

Benché questo brand abbia visto le proprie origini a New York City, oggi è diffuso anche oltreoceano e ha ampiamente differenziato la propria produzione. Ma come si è arrivati al punto in cui anche in Italia ogni ragazzo vuole indossare un North Face per emulare i suoi rapper preferiti? Per comprendere questa diffusione capillare bisogna innanzitutto ricordare che il punto più alto fino a cui un brand può auspicare di espandersi è quello per cui si arriva a definirlo “culto” (ed è ironico che in questi casi si usi un termine relato alla sfera semantica della religione, che è fenomeno quanto mai umano e popolare, ribadendo implicitamente quindi la natura democratica della moda stessa).

Un culto è proprio ciò che The North Face è divenuto per gli abitanti della sua stessa cuna. Qualche giorno fa leggevo su The Cut la testimonianza di Ramon Herrera, che per oltre trent’anni è stato circondato dai cappotti più eleganti di NYC. Dal 1988 l’uomo ha infatti lavorato presso Tent & Trails a Park Place (Manhattan), uno dei più antichi equipment store della città.
Gli anni Novanta furono la golden age per The North Face“, ricorda nelle sue dichiarazioni il commesso. Ed è proprio con i modelli degli anni Novanta (si pensi alla Nuptse Jacket del 1996) che inizia l’ascesa di The North Face verso l’armadio prima di tutti i newyorkesi e poi degli abitanti di tutto mondo.

Proprio come ogni culto che si rispetti, anche quello di The North Face si è fondato su una fede. E – quasi biblicamente – i newyorkers (rapper e non) non hanno mai osato avere altro brand al di fuori di esso: non si sono mai veramente aperti ad altre fashion houses come Canada Goosehave, che appena è penetrata nel Bronx e nel Queens.

Qui – nella fede e nella fedeltà dei consumatori – sta sempre la base per lo sviluppo di un marchio che ha tutte le carte in regola per diffondersi epidemicamente. Ma questo ovviamente non basta. Per essere un culto – e non a caso qui abbiamo l’ennesima connessione etimologica – ad esso dev’essere legata anche una cultura, che The North Face non ha per nulla faticato a trovare: l’hiphop.

Il legame fra North Face e il rap

Questo termine, come certamente è noto, non è un sinonimo di “rap”, ma indica un vero e proprio movimento culturale composto di quattro discipline: Mc’ing, Dj’ing, Writing e Rapping. In particolare, per arrivare alla collettività, il brand ha sfruttato queste ultime due (l’aspetto relativo all’arte figurativa dei graffiti e quello relativo all’espressione musicale del movimento).

The North Face ha prodotto giacche per oltre un cinquantennio, ma è stato negli anni Novanta che è diventato culto per le urban-areas. Non è un caso. L’azienda raggiunse il suo acme e il suo zenit proprio durante quella decade, perché la cultura dell’hiphop allora aveva bisogno di indumenti riconoscibili; fu la musica che, quasi quanto il writing, contribuì alla diffusione estesa e sistematica del brand.

«I rapper indosserebbero più facilmente The North Face piuttosto che Patagonia o Marmot. La musica ha reso il brand sempre più importante», ricordava Ramon. Ed è vero. La golden age della East Coast ne è la prova. Nel video di debutto di Method Man, due membri del Wu-Tang indossano rispettivamente un North Face giallo e uno rosso. LL Cool J faceva lo stesso nel 1993 in “How I’m Comin’“. Heather B, invece, lasciava a casa nella sua “If Headz Only Knew” un North Face Nuptse Forest Green.

Guarda ora “How I’m Comin

Il motivo è la qualità

Ma prima di soffermarci anche sul ruolo del writing è necessaria una considerazione ad esso legata: come per ogni prodotto, non ci sono marketing o promo che tengano dinnanzi alla qualità, e la qualità delle giacche era impressionante per i tempi. I ragazzi desideravano i North Face non solo perché i loro eroi li esibivano su MTV, ma anche perché erano prodotti che univano raffinatezza e utilità (erano caldi e assai pratici rispetto all’offerta della concorrenza).

Ma, come sappiamo, la qualità si paga sempre. I prezzi si aggiravano intorno ai 340$ (corrispondenti agli attuali 590$); una cifra che, stando ai fatti, era semplicemente impensabile per un ragazzino del Bronx di allora. Ma una brama tanto violenta – accresciuta poi dalla negazione imposta dalle condizioni sociali e dalla volontà di assomigliare agli eroi di MTV – non poteva essere fermata: e grazie al desiderio del proibito si diffuse la pratica del boosting.

Il legame fra North Face e il writing

Il boosting, detto anche Racking o Shoplifting (“taccheggio”), è diventato proprio in quegli anni una pratica usuale grazie ai writers newyorkesi (spesso anche rapper), che già rubavano la vernice spray dall’era dei subway graffiti dei ’70. Nei ’90 i writers iniziarono a fare shoplifting con vestiti costosissimi, prediletti dalle upper-classes; i ragazzini rubavano le giacche dai più grandi store di vestiario, mandando in cortocircuito con dell’acqua nei camerini gli allarmi elettrici dei vestiti (i cosiddetti “screamers“) per poter infilare la refurtiva nelle “Lizzy Bags” (borsoni pieni di fogli d’alluminio) e poter eludere i sensori.

Secondo Ramon il Tent & Trails dovette riparare la propria vetrina per ben cinque volte in quel decennio a causa dei mob di writers, rapper semisconosciuti ed emulatori. Molte giacche rubate di The North Face finirono per diventare parte del gelido paesaggio newyorkese, dal momento che furono vendute – quando non furono conservate dai ladri stessi – a prezzi relativamente bassi. I writers erano soliti rubare i cappotti e rivenderli a metà del prezzo. Erano il modo per la comunità nera di appropriarsi di qualcosa che in realtà – per i costi e lo status che rappresentavano – a loro raramente erano concessi legalmente a quei tempi.

E allora, proprio come il miglior culto di moda, The North Face raggiunse ogni fascia della popolazione. Esso divenne simbolo del lusso delle upper-classes e segno di appartenenza alla cultura del mondo ipogeo delle metropolitane. I residenti della “New York bene” le acquistavano per andare a sciare a Vancouver più che per darsi ai climi estremi, mentre i writers le rubavano per poterne allargare i polsini facendovi scivolare all’interno delle bombolette spray e i rapper le indossavano per alzare la qualità dei loro video musicali. Insomma, chi ascoltava la musica della rivolta sociale e imbrattava i vagoni di prima classe vestiva gli stessi abiti di coloro che, al loro interno, si preparavano a passare un weekend in una baita di lusso davanti ad una cioccolata calda.

The North Face nel mondo

E infine giungiamo ad oggi: con la diffusione dell’hiphop a livello mondiale e la nostalgia dell’ultima decade del ventesimo secolo, The North Face è diventato un simbolo della generazione attuale e dello Streetswear in generale. Marche come Supreme e Sacai hanno già lasciato innumerevoli collaborazioni con The North Face, evidentemente ispirate alle giacche dei ’90. Inoltre, il brand è rimasto quello favorito dai più grandi artisti rap del mondo: anche grazie a personalità come quella di Kanye West – che veste abitualmente giacche vintage del noto marchio americano – The North Face ha potuto sancire la propria definitiva consacrazione ad irrinunciabile elemento dell’immaginario hiphop e soprattutto del rap.

Kanye e il suo North Face

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Autore:
Federico Arriu

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