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2016: l'anno del producer

Il 2016 li ha portati alla ribalta, il 2019 li ha già consacrati definitivamente.

Articolo di
Camilla Castellan
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08
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2019

Questa settimana di Esse Magazine sarà interamente dedicata al 2016: un anno essenziale per la costruzione delle fondamenta di tutta la musica urban italiana che possiamo ammirare oggi. Nei prossimi giorni dedicheremo i nostri contenuti agli avvenimenti musicali più importanti del 2016 e ai protagonisti che hanno preso quei dodici mesi per portarseli nella storia.

Che il 2016 sia stato un anno di grandi cambiamenti oramai ci è chiaro: volti nuovi e glorie mai estinte si sono uniti nell’intento di rendere immortale il rap italiano attraverso un passaggio del testimone fondamentale; i frontman di questa rivoluzione sono altrettanto manifesti e passando dai Club Dogo, Marracash e Clementino si è arrivati a Sfera, Ghali e Rkomi (secondo ilgiorno.it tra i più ascoltati nell’anno in questione).

Chi invece è rimasto dietro le quinte ad arbitrare in maniera più o meno cospicua il processo artistico che ha dato luce ad album e singoli di successo su scala mondiale, ha come strumento qualche drum kits e diversi samples. Porla in quest’ottica però è davvero riduttivo, così tenteremo un volo pindarico che renda con pari magistralità l’importanza del lavoro svolto dai producer fino ad oggi.

I moderni Prometeo

Dal greco antico Προμηθεύς sta a significare “colui che riflette prima” e già di per sé una considerazione tale ci porta esattamente dove vogliamo arrivare.

Prometeo è accostato per antitesi a Zeus in tutta la mitologia classica e la sua azione, posta ai primordi dell’umanità, da origine alla condizione esistenziale degli individui; bensì non sia creatore di vita dona all’uomo lo strumento per poterne giovare (beffandosi della grandezza del dio): il fuoco. Tale affronto non può rimanere impunito e il padre dell’Olimpo riversa tutta la sua atrocità incatenandolo ad una rupe dove giorno dopo giorno un’aquila lo strazierà dilaniandoli petto e fegato.

Chi conosce il mito saprà del suo epilogo e della conseguente liberazione di Prometeo, ma la sua storia fatta di altruismo e dedizione – accompagnata da una buona dose di tensione, teatralità e aspettativa, resa benissimo nel Prometeo incatenato di Sébastien Adam esposto al Louvre – ha una certa relazione con il ruolo e la spesa (di sé, per l’artista) che ha nella nostra realtà il producer.

« Il tuo delitto divino fu l’essere gentile / di rendere con i tuoi precetti la somma / dell’umana infelicità minore » - G. Gordon Byron

Al principio del processo creativo: il supporto e la condivisione della Dogo Gang

Due teste che lavorano insieme sono anche due teste che, se non vivono insieme, condividono gran parte della loro quotidianità: dalle studio session, i firmacopie, ai tour e i concerti, il produttore non si interfaccia all’artista esclusivamente come tecnico, ma si fa personificazione di quel porto sicuro a cui ritornare dopo un successo o una sconfitta. Tutto questo si amplifica se la conoscenza tra di loro ha radici ben più profonde e ci si accompagna da anni, dalla sprezzante pre-fama.

Nel nostrano panorama urban di esempi del genere ce ne sono tanti, tra tutti i Club Dogo.

Ecco se pensiamo ad una figura come Don Joe oltre a segmentare produzioni dall’imparagonabile maestria ritroviamo la totale propensione al lavoro svolto con gli altri e non per gli altri che ha evidenziato - con il tempo - la differenza con alcuni colleghi ed ha impartito una grande lezione ai suoi figli d’arte.

Nonostante sia un produttore che, come dichiarato da lui stesso, lavora molto da solo sulla creazione dell’idea, produrre in gruppo ha permesso di superare quei limiti che per il singolo sono invalicabili, arricchendo il processo artistico non solo di contenuti, ma creando una memoria che rimane vivida negli anni a seguire e consolida il rapporto e le capacità reciproche.  

Joe in tutti i dischi ha lasciato un’impronta evidentissima: ha rappresentato i decenni della musica, dagli anni ’70 a salire, da Mi Fist e Penna Capitale fino al successo e la major che con grande onestà intellettuale non ha mai snaturato il gruppo, anzi. Un producer tale si sveste della macchinosità per arrivare alla direzione artistica a 360° - alla Dr. Dre per fare un paragone ugualmente vincente – seguendo tutto l’iter, dalla strumentale in sé e per sé, alla scelta di collaboratori o musicisti, al supporto verso l’artista e la supervisione delle liriche; abbandonando quello che fino ad allora era rimasto relegato ad una parentesi.

«La figura del produttore credo sia cambiata in meglio oggi anche grazie a ciò che è stato fatto ieri» ci ha detto lo stesso Don Joe.

«Mi permetto di dire che sono stato uno dei pionieri di questo cambiamento. Dal mio ruolo nei Club Dogo al mio status di produttore attuale».

Un impegno simile si ritrova parimenti in Roccia Music, progetto che nasce sì qualche tempo prima del nostro 2016 ma che per anni Marracash e Shablo hanno continuato ad alimentare, non ottenendo i risultati meritati. Lo stacanovismo che li ha contraddistinti e che purtroppo ai tempi non è stato recepito nel modo giusto, ha però concesso loro – regalandoci questa immensa eredità - di riempiere quel gap artistico e strutturale (si, parliamo proprio a livello di business e professioni nella discografia) che ha caratterizzato il panorama italiano prima di “Status” di Fabio appunto e dell’allora punta di diamante della label Sfera Ebbasta in “XDVR”.

Questo è stato forse il momento più fortunato del 2016, reso possibile dalla lungimiranza di cui parlavamo prima e dalla grande consapevolezza di due menti che della genialità hanno fatto il loro tratto distintivo.


Gli strumenti del mestiere

Produttori o beatmaker (dove la differenza sostanziale sta nella capacità di mettersi in discussione lavorando a contatto con il proprio team, senza svolgere il compitino da casa – per intenderci) necessitano di strumenti finalizzati a dare voce alla propria creatività. Nonostante negli ultimi anni ci sia una rievocazione a tratti quasi nostalgica per le session con strumenti live, un producer per antonomasia non esiste al di fuori delle sue librerie e campioni.

I dibattiti su quali siano i software migliori per la produzione digitale sono infiniti e lo standard di riferimento negli studi professionali si rifà sicuramente a ProTools, ma l’intuitività di programmi come Fruity Loops hanno reso più accessibile e meno limitante – esistendo versioni gratuite – il primo approccio al suono e la sua conseguente sperimentazione.

La piattaforma è composta da un sequencer sul quale si possono inserire le singole note oppure utilizzare tastiere (tra le storiche ci sono quelle della famiglia Korg Triton, i primi modelli sono stati presentati nel 1999) e altri controller – Akai e Midi vi suonano familiari? – per dare vita ai propri beat. I tutorial YouTube su come sfruttare al meglio le potenzialità di questi programmi e su quale strumentazione acquistare per affrontare l’home recording in maniera soddisfacente sin dalle prime volte (un consiglio: investire su una buona scheda audio e delle monitors decenti farà la differenza) sono tantissimi, ma se alla sterile guida passo passo preferite qualcosa di più creativo, ci stanno pensando artisti come Coez che nelle highlights della sua pagina Instagram ufficiale sta pubblicando da qualche tempo le session che hanno dato vita al suo ultimo successo “È sempre bello”.

Le coppie d’oro del 2016

Fortunatamente la scena, oggi come in passato, è costellata di queste accoppiate vincenti e se vogliamo far parlare i numeri diventa impossibile non citare Charlie Charles e Sick Luke: entrambi classe ’94 sono i produttori che hanno firmato i successi di artisti come Sfera Ebbasta, Ghali e la Dark Polo Gang, ma che in realtà hanno fatto molto più di questo perché si sono imposti come metro di paragone rendendosi riconoscibili – e appetibili - anche oltreoceano (rumors delle ultime ore hanno ventilato l’ipotesi di Luke e Capo Plaza in collaborazione con Hoodrich Pablo Juan).

Se questi non necessitano più di alcuna descrizione perché già noti fra i più noti, ci sono personaggi meno avvezzi alla telecamera che producono ugualmente hit e tracce considerevoli: Chris Nolan porta bandiera della realtà genovese di Tedua e Izi, Big Joe e Johnny Marsiglia dove fatichiamo a capire quando inizi uno e finisca l’altro, fino ad arrivare a Stefano Ceri e Iamseife e Lvnar, mani e menti dietro ad artisti della portata di Coez e Frah Quintale per il primo o Mecna per i restanti due.

Volti che magari non avranno un seguito social pari ai loro frontman, ma che accompagno l’artista al di fuori della foto patinata che ci viene proposta: si muovono nella realtà, danno forma a quelle produzioni che ascoltiamo in loop per stagioni intere, supportano e accolgono quegli smacchi che al pubblico sono risparmiati e ci portano l’esperienza fatta e finita della musica.

Il 2016 li ha portati alla ribalta, il 2019 li ha già consacrati definitivamente.

La riconoscibilità del binomio produttore – rapper

Se il 2016 ha fatto da apripista all’interazione sempre più stretta di queste due figure, con gli anni il rapporto si è dimostrato imprescindibile creando non solo un marchio distintivo per alcuni artisti, ma portando in Italia quel modello tutto americano alla YG & Dj Mustard che adocchiavamo da tempo.

«Noi abbiamo iniziato insieme, no? Abbiamo trovato una nostra dimensione, un nostro equilibrio […] sempre base sua, voce mia. Quando mi arriva una base di qualcun altro sono in difficoltà. Sembra una cazzata, ma non riesco a dare proprio il meglio, mi sento come se fossi un po' placato. Appunto secondo me il fatto che lavoriamo solo io e lui è fighissimo, è esclusivo.» Sfera Ebbasta in un’intervista con Charlie per fourdomino.com.

Tra i dischi di allora quelli che secondo noi hanno meglio reso onore a questo binomio – escludendo “Sfera Ebbasta”dell’omonimo artista e prodotto a da Charlie Charles – ci sono senza ombra di dubbio “La vita giusta per me” di CoCo e “Status – Vendetta Edition” di Marracash; due album che per motivi differenti hanno cambiato le sorti dell’intero genere (ridefinendone i canoni qualitativi di contenutistica, ricercatezza musicale, ampiezza di tematiche trattate) e della loro carriera individuale.

Il progetto di Marra è un album senza compromessi ed esce in un momento in cui tutto risulta vagamente stagnante: alzare l’asticella, ampliarne il mercato di fruizione ed essere largamente accolto da critica e pubblico sono obiettivi che raggiunge con l’aiuto dei compagni di sempre Shablo e 2nd Roof, ma anche con produttori internazionali come Neff-u, Ishi e S1.

Il 2016 li ha portati alla ribalta, il 2019 li consacrerà definitivamente.

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Autore:
Camilla Castellan
Batto tasti qua e là nell'hinterland milanese. Il più delle volte a farlo sono i miei alter ego.

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